L’inserimento lavorativo dei disabili: ostacoli e opportunità

Pubblicato da Patrizia Baffi il

Qualche sera fa ho partecipato al convegno, organizzato da Ledha Lodi, a Sant’Angelo Lodigiano, sull’ accesso al lavoro per le persone con disabilità.

Tema di estrema attualità affrontato recentemente proprio in IV Commissione Attività produttive e occupazione, di cui sono componente, in cui è stata presentata la missione valutativa sul tema della legge 68/99.

…un processo che affonda le sue radici nel dopoguerra ma che deve essere portato avanti e monitorato…”

Il percorso avviato per l’inserimento dei disabili nel mondo del lavoro affonda le sue radici nell’immediato dopoguerra con gli invalidi civili e con i progressi sociali nel riconoscere questa realtà a vari livelli.

Ma si deve arrivare al 1999, appunto, per avere una prima legge, la numero 68 sulle “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, arrivata comunque dopo diverse battaglie sociali di molte associazioni nazionali e locali che si occupavano, e lo fanno tutt’ora, delle persone diversamente abili.

A livello regionale, la Lombardia, integra quella legge con la 13/2003, intitolata “Promozione all’accesso al lavoro alle persone disabili e svantaggiate”, finalizzata all’ampliamento della platea delle persone destinatarie.

Nello specifico

Nell’analisi più puntuale, la legge 68/99 si struttura principalmente su due cardini: la creazione di posti di lavoro dedicati, con l’obbligo per le imprese, sia pubbliche che private, con più di 15 dipendenti, di assumere una quota di disabili, pena il pagamento di una sanzione; facilitare l’integrazione nel posto di lavoro, offrendo servizi di supporto individuale ai lavoratori disabili e ai datori di lavoro, il cosiddetto collocamento mirato.

Le varie modalità e l’organizzazione stessa è demandata ad uffici competenti a livello territoriale che in Lombardia sono le Provincie.

“…è amaro constatare che purtroppo i fondi spesso non vengano utilizzati…”

Nello specifico, le aziende che non ottemperano all’obbligo di assunzione di disabili devono pagare una sanzione per ogni giorno lavorativo per ciascuna persona non assunta o chiedere un esonero nel caso le condizioni di lavoro siano ritenute non accessibili, versando anche in questo caso un contributo.

Risorse che confluiscono nel Fondo regionale per l’occupazione dei disabili, assegnato e ripartito alle province alle quali spetta il compito di programmare e attuare interventi per l’inserimento lavorativo attraverso il sistema Doti e utilizzando azioni di sistema.

Ma è amaro constatare che purtroppo quasi sempre i fondi a disposizione non vengono nemmeno utilizzati totalmente a causa di un necessario rinforzo strutturale di cui i centri per l’impiego delle province hanno bisogno.

Un po’ di numeri

Ma di che numeri stiamo parlando? A livello regionale, il numero di disabili iscritti al collocamento mirato risulta essere di 73.895 nel 2016, in costante aumento, di cui però effettivamente in cerca di lavoro 44.000. Si intende cioè disabili ancora in condizioni di lavorare e con la volontà di accettare una mansione.

Sempre nello stesso anno sono state 13.000 le nuove iscrizioni, di cui circa 9.100 iscritti per la prima volta e 6.300 di ritorno per aver perso il lavoro.

In 4.369 hanno trovato lavoro grazie al collocamento mirato.

Le criticità

Principalmente, le criticità si possono suddividere in alcune macro-aree. Intanto, è necessario sottolineare una disparità di metodo di gestione tra le varie Provincie: non c’è un vero organismo che le coordini e ogni Provincia agisce autonomamente con il rischio di scarsa efficienza senza una rete di condivisione, le stesse convenzioni con le aziende sono diverse da provincia a provincia e non esiste un coordinamento tra i vari attori coinvolti: è quindi difficile il matching tra domanda e offerta, nonostante l’introduzione di figure specializzate come il disability manager.

Infine, occorre un maggior investimento in quelle figure chiamate ad individuare la persona giusta per il posto giusto per far sì che l’inserimento del disabile non venga recepito dall’azienda solo come un peso, ma diventi invece una risorsa, evitando che le aziende arrivino a preferire di pagare le sanzioni piuttosto che assumere la cosiddetta “categoria protetta”.

Per intenderci, se per i normodotati si parla del 70% di assunzioni fatte accedendo alle liste di attesa, per i disabili e invalidi la media è del 20%.

Occorre una revisione di tutto il meccanismo che passa, a mio parere, inevitabilmente attraverso un rafforzamento dei centri per l’impiego provinciali e una modifica nella scrittura delle regole che hanno bisogno di una maggiore omogeneità su tutto il territorio regionale e con strumenti che rendano più facile la concertazione.

La difficoltà che nasce dalla diversificazione territoriale emerge dai punti di vista espressi da tutti i protagonisti delle reti sociali e del mondo aziendale e anche l’altra sera nell’incontro promosso da Ledha ne siamo stati testimoni.

Per il futuro

Insomma, serve davvero un grande lavoro per monitorare e diffondere tutti gli strumenti oggi a disposizione per creare occasioni di lavoro tra attori pubblici, privati e del privato sociale al fine di garantire quella presa in carico multidimensionale che è necessaria per le condizioni di multiproblematicità che interessano molti utenti del collocamento mirato.

Il ruolo dei centri per l’impiego è fondamentale e proprio per questo il loro rafforzamento inevitabile.


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